Streptococchi e Malattie Reumatiche

GLI STREPTOCOCCHI

Gli Streptococchi sono un gruppo di batteri la cui classificazione presenta tutt'oggi notevoli difficoltà. Lancefield ha suddiviso gli streptococchi patogeni in diversi gruppi in base ad un antigene specifico contenuto nella loro parete cellulare. Tali gruppi vengono designati con le lettere da A ad U (eccetto I e J). Gli antigeni specifici per i gruppi A, B, C, E, F, G, H, K, L, O ed R sono di natura polisaccaridica (cosiddetto polisaccaride C).

Gli Streptococchi di gruppo A (con la specie S. pyogenes e qualche ceppo dello S. milleri) sono i principali patogeni per l'uomo. Nella parete cellulare, oltre al polisaccaride C, contengono altri 3 determinanti antigenici di natura proteica (antigeni M, T e R), dalla cui tipizzazione dipende il riconoscimento dei 75 diversi sierotipi (denominati con cifre arabe). Tutti gli Streptococchi di gruppo A che determinano emolisi completa su agar-sangue (beta-emolisi) sono compresi nell'unica specie S. pyogenes. La proteina M è direttamente correlata con la virulenza degli Streptococchi di gruppo A, in quanto li protegge dalla fagocitosi da parte dei leucociti polimorfonucleati. Tra gli anticorpi prodotti contro i 4 antigeni, quello polisaccaridico e i 3 proteici, solo quelli contro la proteina M hanno valore protettivo nei confronti dell'infezione streptococcica, neutralizzandone l'azione antifagocitaria.

Gli Streptococchi dei gruppi B e C sono patogeni quasi esclusivamente degli animali. Quelli del gruppo B si trovano frequentemente nel tratto genitale e intestinale di bambini e adulti sani, possono essere causa di setticemie e meningiti neonatali. Quelli del gruppo C possono essere isolati dall'orofaringe e dalla vagina in corso di limitate epidemie di angina e di sepsi puerperale.

Gli Streptococchi di gruppo G vengono spesso isolati dall'orofaringe, dalla vagina e dalla pelle. Provocano nella specie umana angina e sepsi puerperale. Possono avere la proteina M.

La suddivisione secondo i gruppi della Lancefield viene applicata sostanzialmente agli Streptococchi beta-emolitici. Esistono comunque Streptococchi alfa-emolitici (che provocano in agar-sangue emolisi incompleta) o anemolitici che possono essere assegnati ai gruppi della Lancefield: lo S. bovis e la maggior parte dei ceppi di S. faecalis, che appartengono al gruppo D.

Gli Streptococchi emolitici esplicano la loro patogenicità mediante sostanze cellulari e sostanze extra-cellulari. Tra quest'ultime le più importanti sono: le streptolisine, la streptochinasi, la streptojaluronidasi, le streptodornasi o desossiribonucleasi (di cui la più importante è la desossiribonucleasi B).

Le streptolisine sono due: la streptolisina S (stabile all'ossigeno) e la streptolisina O (ossigeno-labile). Sono responsabili dell'attività emolitica degli Streptococchi. Solo la streptolisina O è antigenica, è contro di essa quindi che si producono nel soggetto sensibilizzato gli anticorpi titolabili in laboratorio (titolo antistreptolisinico o TAS). Elevazione del titolo antistreptolisinico si ha nelle infezioni da Streptococchi produttori di streptolisina O, in pratica gli Streptococchi dei gruppi A, C e G.

La frazione citotossica non tipospecifica della proteina M5 può fungere da superantigene stimolando in maniera non HLA-ristretta la proliferazione di linfociti T tramite interazione con sequenze della regione Vbeta dei loro recettori. Tale stimolazione "superantigenica" potrebbe attivare linfociti T autoreattivi. Questo meccanismo potrebbe essere all'origine di attivazione o riattivazione di patologie autoimmuni in conseguenza di infezioni streptococciche.

Gli Streptococchi viridanti sono tra i germi più frequentemente in causa nelle endocarditi batteriche, mentre gli Streptococchi anaerobi possono essere implicati nelle sepsi insorgenti in conseguenza di interventi chirurgici o parto. Gli Streptococchi viridanti, che fanno parte della usuale flora batterica della bocca, possono raggiungere il circolo tramite i denti o le gengive e causare endocardite insediandosi particolarmente su valvole già alterate, in genere per un processo reumatico. Le vegetazioni cui danno luogo sono più grandi, più frastagliate e più friabili di quelle provocate dall'endocardite reumatica, e tendono ad espandersi sulla superficie endocardica. Dalle vegetazioni è frequente il distacco di emboli, raramente contenenti i germi, con conseguente formazione di infarti non settici. Viene ascritto a questo fenomeno anche l'insorgere di noduli dolenti non suppurativi ai polpastrelli delle dita delle mani e dei diti dei piedi (noduli di Osler o falsi paterecci). In corso di endocardite lenta sono presenti anche fenomeni legati alla deposizione di immunocomplessi, che si manifestano con la comparsa di petecchie alle congiuntive, sulla mucosa orale e sulla cute e di caratteristiche emorragie lineari sotto le unghie. Frequente è pure una glomerulonefrite, mentre nel siero spesso sono dimostrabili fattori reumatoidi (autoanticorpi anti-IgG).

 

MALATTIE REUMATICHE POSTSTREPTOCOCCICHE

Gli Streptococchi di gruppo A sono responsabili di numerose condizioni patologiche nella specie umana. Ad una estesa serie di malattie dovute all’invasività del germe (patologia infettiva) fa riscontro un ricco panorama di malattie post-infettive, non direttamente dovute all’invasività del germe, ma alla reazione dell’organismo nei confronti dei suoi costituenti e prodotti.

Le più comuni infezioni da Streptococchi di gruppo A sono la faringite, la tonsillite, la scarlattina, l’impetigine, la piodermite e la cellulite. Meno frequenti oggigiorno sono l’ascesso peritonsillare, la mastoidite, la sinusite, l’otite media, l’eresipela, la polmonite, la sepsi puerperale, la meningite, l’endocardite, la proctite e la vulvo-vaginite. Particolarmente temibile è la sindrome da shock tossico streptococcica (STSS), associata a fascite necrotizzante o miosite.

Le sequele non-infettive (o non-suppurative) delle infezioni da Streptococchi di gruppo A più note sono la febbre reumatica (o malattia reumatica in senso stretto) e la glomerulonefrite poststreptococcica.

Mentre soltanto alcuni sierotipi dello Streptococco di gruppo A sono nefritogeni (in particolare i tipi M12, 49, 55, 57, 60 e 63), è possibile che tutti gli Streptococchi di gruppo A possano essere reumatogeni. Di recenti epidemie di febbre reumatica verificatesi negli Stati Uniti d'America sono risultati responsabili i sierotipi M5, 14, 18 e 24. Caratteristiche degli Streptococchi reumatogeni sarebbero le seguenti: particolare ricchezza in proteina M; presenza di colonie con abito morfologico mucoide (spessa capsula di acido ialuronico) in colture di agar-sangue; crescita batterica con formazione di colonie a catena breve; mancata produzione del fattore di opacità serica, una lipoproteinasi che determina intorbidamento del terreno di coltura se questa viene allestita in presenza di siero di cavallo.

In realtà le sindromi poststreptococciche di interesse reumatologico coprono un ampio spettro di quadri clinici che possono coinvolgere, oltre alle articolazioni, più frequentemente il cuore, la cute e il sistema nervoso centrale, più raramente i vasi, la muscolatura e altri organi ancora.

Nell’ambito delle patologie poststreptococciche è stato effettuato il tentativo di identificare entità nosografiche ben definite, quali la febbre reumatica (o reumatismo articolare acuto), l’artrite reattiva poststreptococcica, i PANDAS, la mialgia reattiva poststreptococcica, l’eritema nodoso poststreptococcico, la poliarterite (o vasculite) poststreptococcica.

Nella pratica clinica non sono rari i casi che presentano quadri di transizione o di associazione delle diverse forme, verosimilmente in rapporto con la grande variabilità delle caratteristiche strutturali e biologiche dell’agente infettivo e di quella delle modalità di reazione dell’ospite. Rimane tuttavia pressante l’esigenza di definire il più accuratamente possibile i diversi quadri clinici ai fini diagnostici, prognostici e terapeutici. Ciò ha portato all’elaborazione di criteri diagnostici, ed è significativo che la malattia reumatica (febbre reumatica) è forse la prima malattia per la quale essi sono stati enunciati (Jones).

La Febbre Reumatica (o Reumatismo Articolare Acuto)

I criteri di Jones furono introdotti nel 1944 come set di linee-guida per la diagnosi della Febbre Reumatica e della Cardite Reumatica. Le caratteristiche cliniche della RF furono divise in categorie rispettivamente maggiori e minori, in base alla prevalenza e alla specificità delle manifestazioni. Le manifestazioni maggiori meno probabilmente potevano portare ad una diagnosi errata e includevano la cardite, i sintomi articolari, i noduli sottocutanei e la chorea. Anche una storia di Febbre Reumatica o di preesistente malattia cardiaca reumatica veniva considerata un criterio maggiore, dal momento che la Febbre Reumatica tende a recidivare. Le manifestazioni minori erano considerate suggestive, ma non sufficienti, per la diagnosi di Febbre Reumatica. Le manifestazioni minori comprendevano manifestazioni cliniche (come la febbre, l’eritema marginato, il dolore addominale, l’epistassi e l’interessamento polmonare), e markers di laboratorio di infiammazione acuta, come la leucocitosi e l’elevazione della velocità di eritrosedimentazione (VES) o della Proteina C Reattiva.

Venne proposto che la presenza di due criteri maggiori, o di uno maggiore e due minori, offriva ragionevole evidenza clinica di attività reumatica. Poiché una precedente storia di Febbre Reumatica o di Malattia Cardiaca Reumatica era considerato un criterio maggiore, la diagnosi di una recidiva di Febbre Reumatica non richiedeva altri criteri maggiori, la sola presenza di criteri minori essendo sufficiente per la diagnosi.

I criteri di Jones ebbero larga diffusione e applicazione, consentendo uniformità di impostazione diagnostica nella raccolta di dati delle grosse casistiche osservate particolarmente nelle grandi città americane ed europee, dove negli anni dell’immediato dopoguerra la Febbre Reumatica e la Malattia Cardiaca Reumatica costituivano un rilevante problema medico-sociale.

I criteri di Jones furono successivamente più volte rivisti e rielaborati sia dall’American Heart Association (AHA) che dalla World Health Organization (WHO) per renderli più aderenti alla realtà clinica e più adeguati all’evoluzione delle conoscenze e al progresso tecnologico.

Nelle revisioni dei criteri di Jones particolare attenzione venne rivolta alla precedente infezione da Streptococco di Gruppo A, in quanto la diagnosi di Febbre Reumatica richiedeva la dimostrazione dell’eziologia streptococcica. Se da una parte l’inclusione di questo criterio aiutava a migliorare la specificità diagnostica, dall’altra riduceva la sensibilità quando le prove di una infezione streptococcica erano già svanite (come nel caso di una cardite insidiosa e cronica) o se le manifestazioni della malattia erano tardive (come nel caso della chorea). Conseguentemente le manifestazioni tardive della Febbre Reumatica furono esentate dall’obbligo di dimostrazione dell’eziologia streptococcica.

I criteri WHO 2002-2003 per la diagnosi della Febbre Reumatica e della Malattia Cardiaca Reumatica basati sui criteri di Jones riveduti mirano a facilitare la diagnosi rispettivamente di:

  • un episodio primario di Febbre Reumatica
  • una recidiva di Febbre Reumatica in pazienti senza Malattia Cardiaca Reumatica
  • una recidiva di Febbre Reumatica in pazienti con Malattia Cardiaca Reumatica
  • la chorea reumatica
  • la cardite reumatica con esordio insidioso
  • la Malattia Cardiaca Reumatica cronica

Vengono considerate manifestazioni maggiori: la cardite, la poliartrite, la chorea, l’eritema marginato, i noduli sottocutanei. Vengono considerate manifestazioni minori cliniche: la febbre e le poliartralgie; di laboratorio: l’elevazione dei reattanti di fase acuta (VES o conta leucocitaria). Vengono considerati evidenza di una precedente infezione streptococcica entro gli ultimi 45 giorni: un intervallo P-R prolungato all’elettrocardiogramma, un titolo elevato o in crescita di anti-streptolisina O (TAS) o di un altro anticorpo anti-streptococco, o un tampone faringeo positivo, o la positività del test rapido per l’antigene dello Streptococco di Gruppo A, o una recente scarlattina.

Per la diagnosi di un episodio primario di Febbre Reumatica o di una recidiva di Febbre Reumatica in pazienti senza Malattia Cardiaca Reunatica stabilita sono necessarie due manifestazioni maggiori o una maggiore e due minori più l’evidenza di una precedente infezione da Streptococco di Gruppo A. Per la diagnosi di una recidiva di Febbre Reumatica in pazienti con Malattia Cardiaca Reumatica stabilita sono sufficienti due manifestazioni minori più l’evidenza di una precedente infezione da Streptococco di Gruppo A. Per la diagnosi di chorea reumatica e di cardite reumatica con esordio insidioso non vengono richieste altre manifestazioni maggiori, né l’evidenza di una infezione da SGA. Per la diagnosi di lesioni valvolari croniche da Malattia Cardiaca Reumatica (pazienti che si presentano per la prima volta con stenosi mitralica pura o malattia valvolare mista mitralica e/o aortica) non si richiede nessun altro criterio.

I pazienti che si presentano con monoartrite (infiammazione di un’unica articolazione) o con sole poliartralgie (dolori localizzati a più articolazioni ma senza segni obiettivi di infiammazione, come tumefazione, arrossamento o calore) e con diverse (3 o più) altre manifestazioni minori più l’evidenza di una recente infezione streptococcica, è prudente che vengano considerati come casi di “Febbre Reumatica probabile” (una volta che siano state escluse altre diagnosi), e che pertanto vengano seguiti con particolare attenzione dal punto di vista cardiologico e siano posti in profilassi secondaria. Questo cauto approccio è particolarmente indicato nei soggetti in età vulnerabile e residenti in aree ad alta incidenza di malattia. Tutt’oggi l’esame clinico rimane la base della diagnosi di Febbre Reumatica e di cardite, in quanto il ruolo dell’ecocardiografia dovrebbe essere considerato come ausiliario.

L’8 e il 9 aprile 2000 i membri del Comitato sulla Febbre Reumatica, l’Endocardite e la Malattia di Kawasaki dell’AHA si riunirono con un gruppo di esperti per rivedere le linee-guida per la diagnosi della Febbre Reumatica Acuta usando i criteri di Jones, inclusi i “Jones Criteria Updated” del 1992. Il gruppo di lavoro riaffermò la validità dei criteri maggiori e minori di Jones e raccomandò che questi criteri continuino ad essere considerati lo standard accettato per la diagnosi dell’attacco iniziale della Febbre Reumatica acuta. Al momento attuale non è giustificata nessuna nuova versione dei criteri, che non sono da applicare alle recidive della malattia. Viene tuttavia raccomandato un elevato livello di sospetto di recidiva nei pazienti con storia di precedenti attacchi, che si presentino con sintomi e segni compatibili con un attacco di Febbre Reumatica. Viene ribadito che resta ancora particolarmente difficile riconoscere la presenza di cardite acuta nei pazienti con preesistente Malattia Cardiaca Reumatica. Viene consigliata prudenza nell’utilizzo di una manifestazione clinica isolata (ad esempio monoartrite, febbre, artralgie, elevazione dei reattanti di fase acuta) per porre diagnosi di Febbre Reumatica. Anche in questo Workshop il ruolo dell’ecocardiografia è stato oggetto di acceso dibattito, ha prevalso comunque l’opinione, anche se contestata, che i reperti Doppler-ecocardiografici da soli non dovrebbero essere considerati né un criterio maggiore, né un criterio minore per la diagnosi di Febbre Reumatica acuta.

L’Artrite Reattiva Poststreptococcica

Sia il Workshorp del 2000 dell’AHA, che il Report del WHO 2002-2003 lasciano insoluto il rapporto tra Febbre Reumatica e l’entità clinica entrata nella letteratura scientifica con la denominazione di Artrite Reattiva Poststreptococcica. Caratteristiche dell’Artrite Reattiva Poststreptococcica includono lo sviluppo dell’artrite da 3 a 14 giorni dopo la faringite streptococcica, mentre febbre e rash scarlattiniforme possono essere presenti durante la fase acuta della faringite ma sono in genere assenti quando compare l’artrite. Tipicamente questi pazienti hanno sintomi articolari protratti, a carattere fisso e sono scarsamente responsivi alla terapia salicilica. Sebbene alcuni Autori considerino alcuni di questi casi nel novero delle artriti reattive, come espressione di Spondiloartriti, sembra prevalere l’opinione che in realtà nella maggior parte dei casi si tratti di varianti della Febbre Reumatica acuta, come sarebbe dimostrato dalla comune base immunogenetica e dalla possibilità di insorgenza tardiva di vizi cardiaci. Per i pazienti che soddisfano i criteri di Jones, la diagnosi dovrebbe essere quella di Febbre Reumatica acuta. La diagnosi di Artrite Reattiva Poststreptococcica dovrebbe essere riservata ai pazienti che non soddisfano i criteri di Jones, e per i quali sia stata esclusa attentamente ogni altra forma di artrite (ad esempio l’Artrite Reumatoide, l’artrite di Lyme, etc.).

A stretto rigore dei criteri dell’AHA, i pazienti che in assenza di altri criteri maggiori presentino solo monoartrite o artralgie dovrebbero rientrare nella categoria dell’Artrite Reattiva Poststreptococcica, tuttavia, in analogia con le linee-guida del WHO Report, non va trascurato il contesto clinico ed epidemiologico della popolazione nel quale il singolo caso si inserisce.

La Chorea di Sydenham e le altre Sindromi Neuropsichiatriche associate ad Infezione Streptococcica

La Chorea di Sydenham o Chorea minor è la più nota manifestazione neurologica associata alla Febbre Reumatica e costituisce uno dei criteri maggiori per la diagnosi della malattia. Colpisce prevalentemente le adolescenti ed è rara dopo i 20 anni di età. E’ caratterizzata dalla comparsa di movimenti spontanei e involontari della muscolatura del viso e degli arti, labilità emotiva e debolezza muscolare. Non sono presenti deficit sensoriali né segni piramidali. E’ una manifestazione in genere tardiva della Febbre Reumatica, potendo insorgere da 1 a 6 mesi dopo l’angina streptococcica. Il disturbo tende a risolversi spontaneamente nel giro di qualche mese. La diagnosi è clinica e non esistono tests diagnostici specifici d’uso corrente. Sebbene sia stato dimostrato che fino al 93 % dei pazienti con Chorea presenta nel liquido cefalo-rachidiano anticorpi anti-gangli basali, l’esame routinario del liquor risulta in genere negativo, rendendo l’esecuzione dell’esame superfluo, a meno che in un paziente febbricitante non si debba escludere una meningite o una encefalite.

Soltanto in 2/3 dei casi di Chorea riesce documentabile la precedente infezione streptococcica, il che rende talora difficile la diagnosi differenziale con le altre forme di questo disturbo nervoso, il cui elenco annovera diverse condizioni patologiche (epilessia, accidenti cerebro-vascolari, Lupus Eritematoso Sistemico, intossicazione da farmaci, disturbi endocrini, malattia di Lyme, etc).

Il problema è reso più complesso per i discussi rapporti tra Chorea reumatica e altre manifestazioni patologiche a carico del Sistema Nervoso Centrale indotte da infezione streptococciche, collettivamente chiamate con l’acronimo di PANDAS (Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorders Associated with Streptococcal Infections). Caratteristiche dei PANDAS sarebbero la presenza di comportamenti ossessivo-compulsivi e/o di tics, l’esordio in età pre-puberale, il decorso episodico con esordio improvviso e riesacerbazioni drammatiche (frequentemente esplosive), l’associazione con infezioni da Streptococco di Gruppo A, l’associazione con anomalie neurologiche come movimenti avventizi, iperattività motoria e movimenti coreiformi. I PANDAS si distinguebbero dalla Chorea di Sydenham per l’età di insorgenza più precoce (da 3 anni alla pubertà), la predominanza maschile, la mancanza di riduzione di capacità funzionale nel caso di movimenti coreiformi, l’assenza di associazione con vizi cardiaci, il decorso di tipo remittente-recidivante. Secondo il Report WHO del 2004 la sindrome PANDAS viene considerata una ipotesi e non una entità accertata, e la Chorea non dovrebbe essere confusa con i tic motori o i movimenti involontari della sindrome di Tourette, anche se questi possono essere secondari ad una infezione streptococcica.

La Poliarterite Poststreptococcica

Le prime segnalazioni di una elevata frequenza di infezioni alla gola o all’orecchio con elevazione del TAS in bambini e adolescenti con poliarterite, più frequentemente con le caratteristiche della Poliarterite Nodosa Cutanea, risalgono agli anni 1977-78 e si deve particolarmente a C. W. Fink il riconoscimento del rapporto eziologico tra questi casi di poliarterite nodosa cutanea e lo Streptococco di Gruppo A. Seguirono altre osservazioni che sostanzialmente concordavano nell’identificare una forma di poliarterite reattiva ad una infezione streptococcica, caratterizzata da un decorso febbrile in genere benigno, senza interessamento delle arterie dei visceri vitali, con prevalente interessamento della cute (noduli e livedo reticularis) e dell’apparato locomotore (possibili artrite, miosite, tenosinovite, neuropatia periferica). Oltre alla febbre, i sintomi di maggior richiamo sono le artralgie e le mialgie, talora assai intense. L’eziologia poststreptococcica di questi casi è sottolineata dalla recidività in seguito a reinfezioni da Streptococco di Gruppo A, che induce unanimemente a consigliare, come per la Febbre Reumatica, la profilassi penicillinica delle recidive.

La Mialgia Reattiva Poststreptococcica

Nel 1998 un gruppo di reumatologi olandesi descrisse un nuovo quadro clinico, a cui assegnarono la denominazione di Mialgia Reattiva Poststreptococcica, di cui avevano osservato 5 casi (3 F e 2M), di età compresa tra i 13 e i 39 anni, accomunati dalla sintomatologia febbrile e mialgica, dall’insorgenza della malattia dai 5 ai 14 giorni dopo l’infezione streptococcica, in tutti documentata con l’elevazione del TAS. Nei 2 pazienti ai quali venne praticato il tampone faringeo, in entrambi risultò positivo per lo Streptococco di gruppo A in uno, di gruppo G nell’altro. In tutti i pazienti venne osservata una marcata elevazione della VES e/o della Proteina C Reattiva. La sindrome ebbe decorso benigno in tutti i pazienti con guarigione nell’intervallo da 1 giorno a 16 settimane.

Altre sindromi poststreptococciche

Nello storico volume di M.G. Wilson (1962) tra le manifestazioni maggiori e minori associate alla cardite della Febbre Reumatica erano annoverate, oltre a poliartrite, chorea di Sydenham, noduli sottocutanei, eritema multiforme (marginato?): epistassi, dolore addominale, miosite, artralgia, polmonite, epatite, peritonite, altre. Nella casistica osservata dall’Autore di queste note presso l’Istituto Gaetano Pini (145 casi raccolti nel decennio ’68-’77) l’elenco delle principali manifestazioni cliniche associate comprendeva mialgie (6 casi), eritema nodoso (2 casi), dolori addominali (2 casi), polmonite (3 casi), pleurite (1 caso), glomerulonefrite acuta (1 caso). Scorrendo la letteratura, oltre alle manifestazioni già citate, vengono ancora considerate sindromi poststreptococciche: l’uveite e/o sclerite e l’eritema multiforme. Viene escluso da questo elenco la cosiddetta “porpora reumatica”, vale a dire la porpora di Schὅnlein-Henoch. L’osservazione che esistono forme di eritema nodoso recidivanti in seguito ad infezioni streptococciche e prevenibili con la profilassi penicillinica indurrebbe a considerare anche questo quadro clinico tra le sindromi “reumatiche” poststreptococciche.